sabato 15 giugno 2024

L'UNIONE EUROPEA E' AD UN BIVIO (15/06/2024)

Di Redazione.


Sono stati cinque anni accelerati quelli che sono trascorsi dalle elezioni del Parlamento europeo nel 2019 ad oggi: eppure, dal punto di vista del processo di integrazione siamo ancora al bivio di fronte al quale l’Unione Europea si trova da tempo. Dalla fine degli anni cinquanta del secolo scorso ad oggi il disegno di un’Europa unita e coesa si è andato definendo per fasi e tappe, “ma l’integrazione non si può dire ancora conclusa”, spiega Alberto Malatesta, Professore ordinario di Diritto Internazionale alla Liuc- Università Cattaneo di Castellanza.

Quali sono stati fino ad ora i principali risultati conseguiti dall’Europa?

Possiamo sicuramente parlare di un cammino lungo e che ha attraversato diverse fasi e tappe: l’Unione, nel 1957, ha preso il via semplicemente come una comunità meramente economica e siamo arrivati oggi ad un livello molto alto di integrazione. Per arrivare a ciò siamo passati dalla realizzazione del mercato unico all’adozione della moneta unica, circolante dal 2002 e ancor prima dalla libera circolazione delle persone con il trattato di Schengen nel 1985. Con il trattato di Maastricht del 1992 si è anche affermato il concetto di cittadinanza europea, fino ad arrivare alla piena affermazione dei diritti dei singoli nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, ma il cammino non si può dire ancora concluso.

Cosa ha significato fino ad ora per cittadini e imprese questo cammino?

Le imprese hanno avuto un grande vantaggio dalla istituzione del mercato unico, soprattutto in termini di eliminazione delle barriere doganali e dei dazi e questo vale soprattutto per le imprese esportatrici. Far parte di un mercato unico è anche un vantaggio in un contesto economico globale dove si deve competere con colossi come la Cina o gli Stati Uniti. Per i cittadini indubbiamente la dimensione della libertà di circolazione è stata molto importante e lo si vede bene per le generazioni più giovani, che hanno potuto e possono beneficiare di una grande mobilità e di occasioni di studio e lavoro molto più ampie. Per tutti, imprese e cittadini, vi è stato anche un ampliamento che riguarda la tutela dei diritti, che oggi è garantita a più livelli: non solo quello nazionale, ma anche quello sovranazionale. 

Possiamo utilizzare quello che è successo con la pandemia come cartina di tornasole per capire meglio cosa significhi essere parte di una dimensione europea? 

Sicuramente la pandemia è stato un grande banco di prova per l’Unione Europea. Per permettere di contrastarne gli effetti economici e sociali, l’Ue ha sospeso i vincoli alla spesa dettati dal Patto di Stabilità: a fine dicembre 2023 questo regime di sospensione è terminato e si è tornati ad affrontare il tema anche da parte della politica nazionale e del Governo. Paesi ad alto debito come il nostro tornano a temere procedure di infrazioni europee. Tuttavia, non andrebbe dimenticato che, proprio durante la pandemia, abbiamo potuto vedere concretamente cosa significhi essere parte dell’Unione Europea in termini di risorse introdotte per contrastare gli effetti economici e sociali del Covid 19. Basti pensare al Recovery Fund, noto anche come Next Generation Ue e alle risorse che esso genera per la ripresa economica. Per l’Italia significa un piano di oltre 194 miliardi di euro, risorse che un Paese come il nostro, da solo, non avrebbe avuto a disposizione. 

Quali sono oggi le sfide e gli ostacoli che la Ue è chiamata a superare?  

La sfida più grande di tutte è quella di fare un ulteriore passo verso l’integrazione: si tratta di un bivio a cui siamo di fronte ormai da diversi anni e che trova l’ostacolo maggiore nella ritrosia degli Stati membri a lasciare più spazio ad una dimensione politica europea che vada al di là degli interessi nazionali per guardare ad un interesse e ad un bene comune europeo. Da questo punto di vista basti pensare a due aspetti cruciali, quello della difesa comune e quello della politica economica. Quello della difesa e della sicurezza comune è un tema diventato di grandissima attualità con la guerra in Ucraina, un conflitto alle porte dell’Unione che rende sempre più urgente progettare qualcosa di comune anche in questo campo, oggi appannaggio di altre realtà, in primis della Nato. Quanto alla politica economica, diversamente da quanto accade per la politica monetaria, ormai gestita dalla Bce, le istituzioni europee possono solo coordinare le politiche economiche, al fine di assicurare una sana gestione dei deficit e dei debiti degli Stati membri. Sotto questo profilo l’Unione economica e monetaria è una costruzione ancora incompleta, perché le scelte economiche di fondo sono ancora di responsabilità dei singoli Stati: siamo ancora lontani da una “manovra economica” europea. Come già sottolineato quello di cui l’Europa ha bisogno è progredire nell’integrazione. Non sono tempi facili per farlo, ma solo così si può sperare in una pace e in un benessere duraturi nel nostro continente.

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