lunedì 18 luglio 2011

LA MORTE DI ROLAND PETIT (10/07/2011)

Di Walter Porcedda.

Per un bizzarro gioco del destino, tra dieci giorni al Coliseum di Londra è programmato, e atteso trepidamente, un trittico di balletti che hanno fatto un po' la storia della coreografia contemporanea a firma di quel controverso principe della scena, Roland Petit, scomparso ieri a 87 anni nel suo buen retiro di Ginevra dove viveva con la musa Zizi Jeanmarie, l'antica amica d'infanzia ritrovata un giorno alla scuola di danza dell'Opera di Parigi e divenuta poi compagna di vita e palcoscenico. Zizi, formidabile e straordinaria danzatrice che possedeva nelle gambe una potente energia: «È una locomotiva - diceva Petit - alla quale io attacco i miei balletti».  Quel trittico londinese è una magica sequenza: «Carmen», «L'Arlesienne» e «Le Jeune Homme et la Mort». Quest'ultimo soprattutto, può essere considerato uno spettacolo chiave per capire la straordinaria parabola di Petit, aristocratico della danza, precoce ballerino, figlio di una italiana, Rose Repetto, proprietaria della futura maison di scarpe di rue de La Paix e di Edmond che aprì una brasserie, «Au Massif Central», nel tumultuoso quartiere Les Halles. Qui il futuro coreografo conobbe e incontrò il meglio della Parigi artistica e poetica di quegli anni - da Picasso alla Gontcharova - rimasta orfana del divino Diaghilev, artefice dei mitici Ballets Russes.  Tra questi il sommo poeta Jean Cocteau che darà al giovane Petit il sensazionale danza-dramma appunto de «Le Jeune Homme et la Mort» e primo straordinario successo nel 1946. A soli 21 anni d'età e fresco fondatore dei Ballets des Champs Elysée Roland Petit aveva già intuito che il balletto e la coreografia devono nutrirsi, come l'aria, anche di arte, poesia e musica. Cerca e trova così la collaborazione con pittori (Picasso disegnerà i costumi per il suo «Guernica»), poeti e stilisti: da Yves Saint Laurent a Prevert. E musicisti. Da Maurice Jarre a Serge Gainsbourg.  Elementi fondativi 
dello stile di Petit che si ritroveranno anche in quel capolavoro su musiche di Bizet, la «Carmen», alla quale il coreografo apportò agilità acrobatica ed energia all'interno di un affresco di immediata presa popolare, fatto di scene in movimento, passione, teatralità. E soprattutto i suoi «pas de deux», i celebri passi a due che resteranno nella storia del balletto come esempi di ricercata bravura. Momenti cardine di un balletto che, pur in un quadro di compostezza classica rispettosa dell'accademia, innovava facendo circolare il vento fresco dell'attualità.  Uno stile che si compone essenzialmente di coreografia e balletto in equilibrio perfetto. («Metà e metà» precisava Roland Petit). Un po' la stessa ricetta usata sia nella parentesi americana a Hollywood che nella riscrittura personale e rivitalizzante del music hall parigino. Stile inconfondibile che decretò per altri versi (con suo enorme cruccio) anche il successo di Maurice Bejart segnando in modo fortemente significativo l'arte del secolo appena concluso.

(Da "La nuova sardegna")

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