Di Redazione.
Un Silvio lei l'ha già battuto, ed era quello più ingombrante. Ora, pochi mesi dopo aver superato Berlusconi nelle preferenze raccolte in Sardegna alle Europee, Francesca Barracciu (NELLA FOTO IN ALTO) parte per la sua terza campagna elettorale in nove mesi: stavolta nel mirino c'è la segreteria regionale del Pd. E un altro Silvio: Lai, considerato il principale avversario nonché l'unico citato (e col solo nome di battesimo, appunto) nella presentazione alla stampa della candidata.
Ma senza graffi polemici: «Per me gli scontri di Tramatza sono davvero finiti», garantisce Barracciu, rispondendo a chi vede nelle primarie regionali un mero replay delle guerre tra soriani e antisoriani. «Non farò un congresso contro nessuno, e credo che sarà lo stesso per Silvio, che legittimamente sostiene un modello di partito diverso dal mio».Comunque vada la sfida per la leadership, la candidata dell'area Franceschini invoca l'unità: «Se vincerò io sarò il segretario di tutti, chiamando alla gestione del partito tutte le forze del Pd sardo. Altrimenti mi metterò al servizio di chi sarà eletto, portando il mio contributo». Insomma, «il 25 ottobre ci sarà un vincitore, ma nessuno sconfitto».
Saranno i prossimi mesi a dire se le promesse di un confronto civile, fatte da tutti i candidati, saranno mantenute. Per ora servono a disinnescare qualche mina, anche se le differenze tra le diverse proposte sono già tante.E Francesca Barracciu fa fino in fondo la sua parte per ricordarle. Insistendo, per esempio, sull'idea del Pd secondo la mozione Franceschini: «Non è vero che proponiamo un partito liquido. Anche per noi gli iscritti devono avere un ruolo centrale, ma senza chiuderci nel mondo autoreferenziale dei tesserati: un partito solido è quello che ha il coraggio di aprirsi».
Per esempio col ricorso frequente alle primarie, da utilizzare anche in occasioni diverse dall'attribuzione delle cariche di partito.L'opzione per un partito «aperto» è simbolicamente rappresentata anche dal luogo scelto per la conferenza stampa, il circolo Pd “La Palma” di Cagliari, anziché la sede di via Emilia: «Perché i circoli - riflette Barracciu - dovranno essere il nostro modo di essere presenti nei territori e vivere in mezzo alla gente».
Altra scelta simbolica della candidata, quella di farsi affiancare - oltre che dai colleghi consiglieri regionali Chicco Porcu e Marco Espa - da alcuni sindaci di piccoli centri (la stessa Barracciu indossa la fascia tricolore di Sorgono): Efisio Arbau di Ollolai, Cesarina Marcello di Tiana, Walter Marongiu di Villasor. E Clara Michelangeli di Onanì, il più giovane sindaco sardo, che non è neppure iscritta al Pd: esempio tangibile dell'apertura di cui si diceva.
L'entusiasmo degli amministratori locali servirà a costruire un partito «nuovo e coeso, pluralista ma con la capacità, se si è presa una decisione, di sostenerla fino in fondo». Quel che è mancato, secondo Barracciu, negli anni della Giunta di Renato Soru: un'esperienza che la candidata cita e rivendica spesso, auspicando tra l'altro che l'ex presidente «dia ancora il suo forte contributo alla politica e nel Pd». Proprio sulla necessità di recuperare «il cammino di riforme e di sardismo moderno avviato da Soru» ci scappa l'accenno polemico ai concorrenti per la segreteria: «Voglio capire cosa pensano della legge salvacoste, delle politiche dell'istruzione, del sistema della formazione professionale».
Per riconquistare la Regione serviranno alleanze, perché «il Pd non rinuncia alla vocazione maggioritaria ma non la confonde con l'autosufficienza». A patto, avverte l'ex segretaria, che «non siano alleanze aprioristiche, fatte per vincere e non per governare. Prodi ha battuto due volte Berlusconi, ma poi i suoi governi hanno fallito per il fuoco amico». Lei, finora, Berlusconi l'ha battuto una volta sola. Adesso, però, si deve dedicare a un altro Silvio.
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